LA VALUTAZIONE IN EUROPA

a cura di Giorgio Taglietti

 

La valutazione delle scuole è una questione internazionale. Da tempo, in gran parte dei sistemi scolastici, si sono avviati sistemi di valutazione, con lo scopo di verificare la qualità del servizio che e scuole prestano, da tempo gli operatori scolastici sono coinvolti in un dibattito aperto, il cui scopo non è la difesa della valutazione, ma renderla efficace e utile. Attraverso questo lavoro, che si limita a presentare una panoramica sul problema della valutazione a livello europeo, si intende offire un materiale di analisi al dibattito in corso in Italia, così che anche referendosi criticamente ad esperienze svolte nei Paesi europei si possa prendere la strada di una valutazione non più sovrapposta alla vita normale della scuola, ma ad essa pertinente.

 

A.4.1 Aree tematiche degli indicatori: Unione Europea e Stati Uniti

  Le aree in cui gli indicatori per il monitoraggio e la valutazione dei sistemi scolastici sono classificabili, possono essere individuate attraverso la considerazione delle indicazioni dell’Unione Europea e dell’esperienza degli Stati Uniti, dalla quale, come si vedrà, anche l’Europa a tratto gran parte della sua impostazione. Questo sia in ragione delle similarità di obiettivi e problematiche che lo sviluppo economico pone ai sistemi di istruzione, sia per il fatto che gran parete dei paesi europei e gli Stati Uniti aderiscono, insieme a molte altre nazioni, ad organismi internazionali quali l’IEA[1], che si dedicano allo studio ed al confronto dei sistemi scolastici e alla misura delle capacità degli studenti in determinate discipline di base.

 

 

A.4.2 Le indicazioni dell’Unione Europea

  La recente conferenza di Lisbona[2] ha evidenziato che alti livelli di preparazione culturale, tecnica e professionale costituiscono le condizioni basilari per la partecipazione alla vita pubblica, l’inserimento nel mondo del lavoro, la riduzione delle disuguaglianze sociali e la mobilità tra gli stati dell’unione. In particolare è stato evidenziato il ruolo essenziale dei sistemi educativi - formativi nella nuova strategia di arricchimento continuo del bagaglio culturale e professionale di ogni individuo (lifelong learning); nonché nell’ambito delle politiche del mercato del lavoro e di stimolo della libera circolazione dei lavoratori negli stati dell’Unione Europea. Questa priorità è stata recepita nei trattati dell’Unione[3]; è stata dibattuta dall’Education Council; e numerose Conclusioni e Risoluzioni sono state adottate al fine di invitare gli stati membri ad una collaborazione per lo sviluppo della qualità dell’istruzione. Ciò implica che la definizione degli indicatori a livello nazionale non può prescindere dalle indicazioni che sono emerse in questi anni dall’Unione Europea ed in particolare dagli studi e progetti di ricerca, condotti con la collaborazione degli stati membri[4], che hanno costituito la base per una raccomandazione della Commissione nel Gennaio 2000 al Parlamento e al Consiglio Europeo sul tema “European co-operation in quality evaluation in school education”. L’esigenza di una co-operazione nell’ambito della valutazione della qualità era stata sottolineata anche nella conferenza di Praga del Giugno 1988, dove si invitò la Commissione a creare un Comitato di Lavoro di esperti dei diversi stati con il compito di giungere ad un accordo su “un numero limitato di indicatori o benchmarks per gli standards scolastici, al fine di aiutare ed indirizzare i sistemi di valutazione nazionali”. I risultati del Gruppo di Lavoro sono stati sintetizzati nell’European Report on Quality of Education[5].

Il rapporto individua cinque sfide fondamentali rispetto alle quali i sistemi di valutazione e le batterie di indicatori nazionali si devono misurare:

·        La sfida della Conoscenza: in questo ambito il rapporto individua nella Matematica, Lettura, Scienza, Tecnologia dell’Informazione e della Conoscenza (ICT), Lingue straniere, Learning to learn ed Educazione civica gli aspetti fondamentali da monitorare e accrescere dal punto di vista qualitativo e quantitativo.

·        La sfida del Decentramento e dell’Autonomia: correlata con il ventennale processo di crescita delle autonomie e di responsabilizzazione delle scuole, iniziato negli anni ’80, che ha portato ad un aumento della domanda di accountability a livello delle singole scuole e, addirittura, delle singole classi.

·        La sfida delle Risorse: concerne il fatto che in molti paesi europei si sta determinando una crescente esigenza di risorse per potenziare l’istruzione ai due estremi del livello dell’obbligo, scuola materna e scuola secondaria superiore.

·        La sfida del Coinvolgimento sociale: rimanda al problema dell’accesso all’istruzione e alla necessità che gli stati offrano a tutti i giovani l’opportunità di beneficiare dell’apporto che il sistema educativo può dare alla loro preparazione per la vita futura dopo la scuola

·        La sfida dell’Informazione e della Comparabilità: richiama la necessità di sviluppare indicatori in grado di mettere a confronto le performance dei diversi sistemi educativi dei vari stati, dei diversi sistemi locali e regionali, delle scuole e delle classi.

 

In relazione a tali sfide il rapporto individua quattro aree di intervento fondamentali per la valutazione e comparazione delle performance dei sistemi scolastici nazionali, ed i rispettivi indicatori (Tavola 1).

 

Tavola 1 – I sedici indicatori della Commissione Europea

 

AREA

INDICATORI

Risultati cognitivi

 

 

 

 

 

 

 

Partecipazione e accesso all’istruzione

 

 

 

Monitoraggio dell’istruzione

 

 

Risorse e strutture

 

 

 

1.      Matematica

2.      Lettura

3.      Scienze

4.      ICT (Inf. And Comm. Tech.)

5.      Lingue straniere

6.      Learning to learn

7.      Educazione civica

 

8.      Drop out

9.      Completamento ciclo secondario superiore

10.  Partecipazione al ciclo terziario (università)

 

11.  Valutazione e monitoraggio a livello di istituto

12.  Partecipazione delle famiglie

 

13.  Formazione degli insegnanti

14.  Partecipazione al ciclo pre-primario (materna)

15.  Dotazioni informatiche (studenti per computer)

16.  Spesa per l’istruzione procapite

 

 

Tali indicatori cercano di descrivere un panorama completo del servizio scolastico che va dalla dotazione di risorse per lo svolgimento del servizio (13 e 15-16), al contesto sociale (12), fino ad arrivare ai risultati dello studente sul piano cognitivo (1-7) e su quello più generale connesso al completamento degli studi (8-10). Il monitoraggio e la valutazione dell’istruzione (11), rappresenta un’area che, nei sistemi educativi più avanzati (come gli USA) dal punto di vista della valutazione stessa, è data per scontata, per cui non rappresenta un fenomeno da tenere sotto controllo attraverso indicatori. Ma evidentemente, nel caso europeo, c’è l’esigenza di ribadirne l’importanza attraverso la predisposizione di indicatori ad hoc.

Come si può rilevare gli indicatori proposti sono classificabili ulteriormente in due categorie:

·       Indicatori basati sui risultati degli studenti e sulle loro scelte[6] (1-10 e 14)

·       Indicatori basati sulle caratteristiche degli istituti e della loro gestione (da 11-13 e 15-16).

 

Solo per alcuni degli indicatori proposti esistono già delle rilevazioni e delle misure. In ogni caso si tratta di misure a livello di stato, basate su rilevazioni campionarie ad hoc, condotte da organismi internazionali, o su fonti informative ufficiali quali l’Eurostat. In particolare gli indicatori dei risultati cognitivi sono costruiti a partire da test predisposti, somministrati[7] e corretti da organismi sopranazionali, quali l’IEA[8] (International Association for the Evaluation of Educational Achievement), e l’OCDE, in collaborazione con prestigiose università ed istituti di ricerca. L’IEA ha provveduto di recente a condurre un’indagine tesa a valutare l’abilità nell’ambito della matematica e delle scienze più in generale[9], nonché delle capacità di lettura[10]. Anche l’OCDE sta conducendo programmi di ricerca analoghi. In particolare attraverso il progetto PISA[11] (Program for International Student Assessment), saranno disponibili, nel corso del 2001, risultati relativi alle capacità cognitive dei 15enni, in varie discipline di base per i diversi paesi aderenti all’iniziativa.

Si evidenzia tuttavia che queste misure non risultano estendibili, al momento, a livello locale (sub nazionale) e tanto meno a livello dei singoli istituti. Per cui sorge il problema di come sia possibile costruire degli indicatori in grado di evidenziare a livello regionale e dei singoli istituti le performance ed i progressi nell’ambito degli obiettivi indicati dall’Unione Europea.

Se infatti esistono molte iniziative e progetti nei paesi membri, volti a migliorare le performance in alcune delle aree considerate[12], molto meno sviluppate sono le metodologie e le strutture preposte alla creazione delle informazioni necessarie alla quantificazione degli indicatori a livello di regione e di singola scuola.

Questo è vero con particolare riferimento per l’area dei Risultati cognitivi, in cui sarebbero necessari risultati ottenuti dagli studenti in test standardizzati, per la totalità degli studenti, o per campioni sufficientemente ampi da consentire la costruzione di stime affidabili a livello di scuola. L’organizzazione di tali rilevazioni si interseca con delicati problemi di riforma degli esami finali che solo alcuni paesi hanno affrontato[13].

Per quanto riguarda invece  gli indicatori delle altre aree, si può rilevare che  per quella della Partecipazione e accesso all’istruzione, nonché per l’indicatore (14) Partecipazione al ciclo pre-primario, e (16) Spesa procapite, l’Istat ed il MIUR sono già in grado di fornire l’informazione necessaria a livello nazionale. Per gli altri indicatori alcune indagine dell’IEA consentiranno di ottenere informazioni campionarie adeguate, come di vedrà oltre.

 

 

AUTOVALUTAZIONE

 

5.1 L’auto-valutazione – Panoramica europea

  Uno dei fattori, per un alto livello della scuola dell’autonomia, sta nell’attivazione, a livello nazionale, delle procedure di un processo coerente di auto-valutazione e delle forme di regolazione e monitoraggio. Tali procedure favoriranno l’auto-valutazione delle scuole e faciliteranno il successo dei loro progetti.  

Alcuni sistemi educativi europei, quali la Gran Bretagna e i Paesi Scandinavi, negli anni ottanta, hanno sperimentato grandi cambiamenti soprattutto a riguardo dell’autonomia, della responsabilità e della gestione finanziaria.

In Italia a partire dal 1997 è iniziata una riforma che è molto centrata sull’autonomia. In Austria, invece, la riforma sull’autonomia è partita nel 1993/94. In Irlanda è in atto una discussione parlamentare per la riorganizzazione del sistema.

In Olanda è stata data più responsabilità alle scuole ed alle municipalità e dal 1988 tutte le scuole primarie e secondarie hanno assunto la responsabilità dell’organizzazione di un sistema di valutazione delle loro scuole. Ogni scuola deve sviluppare un piano annuale e presentare una guida per genitori e studenti con i relativi risultati.

La legge sull’istruzione in Francia (1989) ha dato autonomia legale alle scuole secondarie all’interno di un quadro chiamato “Projet d’établissement”.

Il risultato di tutti questi progetti è che le scuole godranno di maggior autonomia e di libertà di scelte.

Nel libro della Commissione “Key data on education in the European Union” l’autonomia della scuola è diagnosticata dal livello di autonomia raggiunto dalla scuola in 16 aree decisionali nell’anno 1995/96. Sebbene l’autonomia della scuola sia cresciuta da quel periodo, vale la pena di fare delle considerazioni dei risultati.

Nei paesi dove l’autonomia è debole ci sono segni di autonomia solo in quattro delle sedici aree considerate e comunque il divario di autonomia è molto ampio tra il primo paese (Gran Bretagna) e il dodicesimo(Grecia).

Il libro prima  citato recita a pagina 25:

“ Tra tutti gli stati membri dell’Unione Europea è in Olanda e Gran Bretagna che le scuole, di ogni livello, hanno un alto grado di autonomia. Per quasi tutte le aree decisionali le scuole hanno totale autonomia. Per  pochi parametri le decisioni sono prese in concertazione con le autorità competenti o nei limiti fissati dalla legge. Solo  un numero limitato di decisioni sono invece prese solamente dalla autorità responsabile al più alto livello.

Le scuole con la più alta limitazione nell’autonomia delle scelte si trovano invece in Germania, Grecia e Lussemburgo, dove, nelle scuole medie inferiori, solo il quadro orario settimanale delle discipline settimanali è gestito dalle scuole.

In Belgio (Comunità Fiamminga), Danimarca, Finlandia e Svezia, dove vige una forte decentralizzazione a livello locale la maggior parte delle decisioni sono prese a livello di scuola,  ma in accordo con le più alte autorità responsabili o nei limiti fissati da quest’ultime. Generalmente, tra gli Stati Membri, si trovano poche differenze tra i due gradi di istruzione per quanto riguarda il potere sulla autonomia decisionale.

In Francia, invece, i parametri per i quali le scuole prendono o non prendono decisioni differiscono fortemente a secondo dei livelli di educazione in questione”

I paesi dove l’autonomia è maggiore hanno anche più cultura dell’auto-valutazione e comunque il legame tra scuola dell’autonomia e auto-valutazione non è assoluto.

In Norvegia, dal 1997, la valutazione è obbligatoriamente richiesta per tutte le scuole. È responsabilità delle autorità municipali/regioni monitorare l’implementazione dell’auto-valutazione secondo la legge.

Le scuole devono fare in proprio la valutazione, ma il compito, per certi aspetti, può essere anche definito dalle Autorità Municipali.

In Islanda la situazione è diversa: “ Le scuole sono obbligate a sviluppare l’auto-valutazione, ma sono libere nella scelta della metodologia”.

Come si può vedere, da queste osservazioni, la valutazione scolastica non è solo un corollario per la scuola dell’autonomia, ma è anche un campo dove l’autonomia scolastica può essere più o meno importante

In tutti i paesi c’ è un’aspettativa per lo sviluppo della  valutazione scolastica e questo è ancora più evidente in nazioni come l’Austria, la Germania, la Grecia, l’Irlanda, l’Italia e il Lussemburgo dove non si registra una tradizione e una cultura della valutazione delle scuole.

In altri, invece, c’è una lunga tradizione: in Norvegia, nelle scuole primarie e secondarie, la valutazione è cominciata negli anni settanta con l’implementazione di un nuovo curricolo.

In Gran Bretagna, ci furono alcune iniziative negli anni settanta, che crearono in alcuni posti la cultura della valutazione. In Francia, il primo tentativo dello sviluppo della valutazione scolastica negli anni settanta, fallì a causa della forte centralizzazione del sistema.

Ora però, quantunque sia lungo il processo, in tutti i paesi d’Europa c’è un tendenza generale comune.

Gli indici di tale tendenza sono:

- La creazione di istituzioni a livello nazionale che hanno tra i loro compiti la promozione e l’organizzazione della valutazione scolastica. Diversi paesi hanno costituito tali istituti negli anni ottanta ma ora la lista diventa più lunga. Tra i più recenti troviamo: SCRIPT (Service de Coordination de la Recherche et de l’Innovation Pédagogique) in Lussemburgo, “Servizio nazionale per la qualità nell’educazione”all’interno del CEDE (Centro Europeo Dell’Educazione), in Italia; una nuova struttura per  l’ispezione nazionale in Svezia, dove i comuni scrivono un rapporto ogni anno per seguire la valutazione scolastica; la Danimarca ha creato recentemente un Istituto Nazionale di Valutazione che porterà a termine le valutazioni esterne delle istituzioni educative.

In Belgio la riorganizzazione dell’ispettorato si è accompagnata ad un servizio di counselling e di sviluppo dell’educazione. I compiti ispettivi sono stati ridefiniti e l’enfasi è posta nella valutazione globale di scuola per la quale vengono approntati strumenti e linee guida.

- In alcuni paesi, dove la valutazione è più praticata, la politica è quella di includere la valutazione all’interno di un quadro coerente di regole comprendendo valutazioni esterne e anche  livelli differenti dalla scuola.. In Finlandia, “una nuova legge influenzerà la pratica della valutazione ed ha già aumentato il grado della valutazione esterna”. In Norvegia, il ministero sta producendo un “ Libro Bianco” sul sistema nazionale di valutazione che dividerà i compiti tra le scuole, i comuni ed il governo.

- Incentivi legislativi per sviluppare “piani di sviluppo scolastico” e forme di valutazione e di contabilità scolastica.

In Francia, la legge del 1989 obbliga le scuole a definire un “progetto d’istituto” ed a sottoporlo ad un controllo annuale. Modelli simili – piano di sviluppo scolastico + rapporto annuale – esistono in Belgio, Islanda, Irlanda, Olanda e  Spagna. In alcuni Lander Tedeschi ci sono piani di sviluppo e rendiconti ogni 2-3 anni. In Belgio un rapporto ispettivo annuale di valutazione dà alle scuole la possibilità di paragonare i loro sistemi e di rivedere i piani di sviluppo.

Un impeto di auto-valutazione scolastica cresce progressivamente in molti paesi come per esempio in Danimarca, Olanda e  Portogallo. In Portogallo circa il 25%  delle scuole medie inferiori sono attualmente coinvolte in un programma intitolato” L’osservatorio della qualità scolastica” che riguarda il processo di auto-valutazione. Anche in Spagna c’è la stessa tendenza – dove, per legge le autorità educative “ preparano sia un piano di valutazione esterna per la tradizionale didattica sia un supporto per un piano di auto-valutazione per tutte le scuole che ricevono fondi pubblici.”. Svezia e  Gran Bretagna si stanno pure muovendo in questa direzione. Durante il 1990 le scuole della Gran Bretagna sono state incoraggiate a fare dell’auto-valutazione  come parte del processo di sviluppo della scuola. In Scozia, per esempio, questo si è basato nella individuazione di indicatori di risultati qualitativi e quantitativi per la valutazione della qualità dell’insegnamento ed apprendimento, guida e gestione ed etica. Questi indicatori costituiscono una cornice che permette alle scuole di cercare risposte alle domande:“ Come sono i risultati degli studenti? Come è la direzione scolastica? Qual’è l’efficienza della scuola?”

Ci sono diversità tra I paesi a riguardo della promozione dell’auto-valutazione. In alcuni paesi, tutte le scuole sono coinvolte, attraverso leggi nazionali e/o la fornitura di strumenti. In altri, le scuole sono invitate a partecipare in qualità di valutatori di progetti con lo scopo ultimo di progressivamente espandere le migliorie.

Alcuni paesi hanno modelli normativi di valutazione sia attraverso strumenti provvisti alle scuole o attraverso modelli concettuali. In altri le scuole sono lasciate libere di scegliere le loro proprie procedure di auto-valutazione.

Tra i paesi che forniscono un modello concettuale ci sono Spagna ( un modello ispirato da “organizzazione di qualità totale”) e Portogallo dove “L’Osservatorio di progetto di scuola di qualità” è basato su di un modello comprendente 18 indicatori di risultati e organizzato attorno a quattro dimensioni descrittive e valutative: fattori famigliari, fattori istruttivi, contesto educativo, risultati educativi.

La Francia fornisce alle sue scuole un set di indicatori complessivi  includendo indicatori di valore aggiunto(IPES : indicatori pilota dell’istituzioni secondarie). Il Belgio (Fr) e il Lussemburgo forniscono dati alle scuole con l’intento di aiutarle a paragonarsi con temi rilevanti e di capire meglio le loro unicità qualitative.

Altri paesi utilizzano approcci meno prescrittivi. Per esempio il progetto “qualità nella scuola” in Austria fornisce aiuto materiale per l’auto-valutazione, ma le scuole sono libere di scegliere l’approccio più a loro consono. In Finlandia “ Un quadro dei risultati della valutazione educativa”  fornisce aiuto materiale per l’auto-valutazione.

Ciò non significa che l’auto-valutazione sia libera da controlli esterni in questi stati. In alcuni di essi  “ex ante” controlli di auto-valutazione sono rimpiazzati da “ex-post” controlli. Metodi, processi e dati usati nei processi di auto-valutazione sono oggetto di valutazione esterna. Questo è il caso della Germania, dell’Olanda e Svezia.

In Italia, delle agenzie aiuteranno le scuole con valutazioni che è un altro modo per monitorare i processi. La Spagna usa entrambi controlli ex ante e ex post poiché l’intento di una valutazione esterna fa da complemento e da paragone all’auto-valutazione fatta in ogni scuola e permette di trarre conclusioni più generali su ciò che le scuole hanno valutato.

Da una lettura del rapporto nazionale, è chiaro che lo sviluppo dell’auto-valutazione non significa un’evoluzione verso il” mercato libero” con nessuna regola centrale-nazionale o regionale, ma implica una nuova forma di regolamento.

L’evidenza di questo sta nella relazione tra auto-valutazione e rendicontazione: gli esiti della valutazione non sono ad esclusivo uso della scuola, ma anche per le autorità o per il pubblico uso. Alcuni report (Norvegia e Portogallo) esprimono la paura che l’aspetto di rendicontazione possa ostacolare la valutazione come processo di auto-riflessione.

Un altro indice è il parallelo  – a volte molto forte –  valutazione = sviluppo della valutazione esterna. In alcuni paesi, come la gran Bretagna (Inghilterra e Galles) un forte sistema ispettivo esterno (OFSTED) co-esiste con l’autovalutazione ed entrambi i processi si sovrappongo o  complementano. Il quadro ispettivo OFSTED può essere usato anche per l’auto-valutazione.

Similarmente in Scozia, la pubblicazione da parte degli Ispettori Scolastici di “How good is our school” fornisce alle scuole la cornice per l’auto-valutazione rispecchiando il quadro  per le ispezioni esterne.

In alcuni Lander Tedeschi la valutazione esterna avviene solo dietro richiesta delle scuole ma questa concezione volontaristica non è tipica.

In alcuni paesi il sistema ispettivo è recentemente passato dall’ispezione della classe all’intera scuola. (Portogallo, Irlanda, Belgio). In Francia,  l’“Inspection générale de l’administration” visita 50 scuole per anno con l’intento di rivedere, attraverso esse,  aree di interesse nazionale. (per esempio, violenza nelle scuole). La riorganizzazione della valutazione esterna delle scuole è iniziata anche in Danimarca e Spagna. In molti casi c’è una certa interazione tra ispezioni interne ed esterne che sfocia nella scelta condivisa di parametri, nella metodologia, nella lettura dei risultati o nel processo di accertamento.

Chiaramente lo sviluppo del processo di autonomia deve essere accompagnato da alcune forma di regolamentazione. Regole magari dagli stessi utenti che fanno sentire la loro voce nella partecipazione al processo di valutazione o offrendo le loro scuole. Oppure può essere affidato a professionisti - interni o esterni alla scuola – o alle autorità. I Rapporti di paese rivelano che le diverse combinazioni di queste forme di regolamentazione sono in attuazione o saranno presto attuate.

La valutazione esterna ed esterna sono processi complementari cioè l’auto-valutazione, senza controllo esterno può “non affrontare i problemi reali e non rivelare le debolezze”.

Così c’è un certo rischio che l’auto-valutazione porti ad una perdita di credibilità all’esterno delle istituzioni (Rapporto Islandese). È anche vero che l’auto-valutazione quando coinvolge studenti e genitori ha già un aspetto esterno che garantisce della sua credibilità. Ed è anche vero che la rendicontazione e la valutazione esterna possono minare la qualità del processo di auto-valutazione e la responsabilità delle scuole. Infatti se una scuola rendiconta I suoi risultati alle autorità e nulla accade, la scuola può pensare che le autorità esterne abbiano snobbato il suo lavoro.

In qualche modo, il sistema educativo deve prendere delle decisioni nelle aree che devono essere regolamentate dall’auto-valutazione – che sono principalmente lo staff e l’utenza - e quelle che devono essere regolate attraverso l’ispezione e la rendicontazione  - cioè le autorità. Più in generale lo sviluppo dei legami tra l’auto-valutazione e la valutazione esterna deve essere chiaramente articolato. Altrimenti un sistema minerà l’altro. E ciò è tanto più vero nei paesi dove elementi dell’ex–ante sistema sono ancora in uso. Il pericolo è che i nuovi sistemi si aggiungano strato su strato  agli esistenti causando una sovra regolazione, complessità e contraddittorietà nelle comunicazioni alle scuole sulle loro responsabilità, stato e obiettivi.

I Rapporti nazionali mostrano che ci sono cambiamenti drammatici ancora iniziali a riguardo dell’educazione e data per assodata questa comune esperienza c’è un grande scopo per i paesi europei: riflettere e collaborare sugli aspetti della valutazione e delle regole,

In breve:

- L’ autonomia scolastica sta generalmente crescendo e così lo sviluppo dell’auto-valutazione scolastica.

- Lo sviluppo dell’auto-valutazione è promosso in vari modi tra I paesi europei

- Lo sviluppo dell’auto-valutazione va di pari passo con la rendicontazione e la valutazione esterna

- Assicurare coerenza tra le diverse agenzie e metodologie per la valutazione scolastica è una priorità. È intrinseca al miglioramento della scuola e più ampiamente allo sviluppo dei sistemi educativi sia nazionale che europeo

 

 

5.2 Dall’autoreferenzialità all’autovalutazione nel sistema italiano

  Il sistema italiano, caratterizzato fino ad ora da un’alta autoreferenzialità specialmente della scuola statale, ha due nuovi e decisivi strumenti di cambiamento, quali l’autonomia scolastica e il sistema paritario che spingono nella direzione opposta. Va osservato che il sistema di verifica, che necessariamente consegue ad un sistema di autonomia e differenziazione delle singole istituzioni tra loro, non è affatto lo “scotto” da pagare alle istituzioni centrali, bensì è lo strumento che permette effettivamente il cambiamento, come una fase del processo di miglioramento delle scuole, attraverso l’autoconsapevolezza delle proprie strategie e dei propri prodotti.

Tuttavia, la scuola italiana ha recepito fino ad ora la cultura della valutazione solo in termini docimologici e non di gestione dell’organizzazione, oppure, al contrario, solo come controllo delle procedure indipendentemente dal raggiungimento dei fini di apprendimento; inoltre, per il contesto legislativo in cui si è presentata, ha vissuto la valutazione come forma inquisitoria di controllo dell’utenza nella forma pattizia (Servizi dell’amministrazione pubblica all’utenza), temendone tra l’altro i risvolti sulla valutazione personale e di carriera dei docenti (che è un obiettivo diverso, scorrettamente accorpato alla valutazione dell’efficacia e dell’efficienza del servizio, ma anticipato peraltro dall’art. 29 dell’ultimo contratto), senza poter cogliere l’aspetto di strumento positivo che la valutazione nazionale, attraverso parametri comuni e l’esplicitazione dei passaggi dell’analisi, dovrebbe offrire alle singole scuole, statali e paritarie.

In regime di autonomia e di sistema paritario invece la valutazione dei risultati è al servizio sia della possibilità di differenziare (per es. percorsi, curricoli, scelte educative), sia del processo di innovazione didattica (orientamento all’apprendimento e alla crescita formativa degli studenti). A livello di singola unità scolastica si attua la responsabilizzazione che permette alle scuole di autovalutarsi e di migliorare la propria organizzazione interna, in vista del sempre migliore raggiungimento del fine, che è l’apprendimento e la formazione dei suoi allievi, ma ciò all’interno di un quadro nazionale di riferimento, di un “modello” interpretativo che, pur relativo (ogni modello lo è), garantisce che non si moltiplichi invece che ridursi l’autoreferenzialità. Privata di un modello comune la scuola autonoma e quella paritaria uscirebbero da un sistema di pubblico servizio.

D’altra parte l’autovalutazione dei processi, anche stimolata dalle tante indagini europee sulle best practice, non è sufficiente se manca  un punto di riferimento accertato sugli esiti. Essi devono essere garantiti da un sistema, indipendente dall’amministrazione centrale, che collabori al miglioramento delle scuole e non svolga opera di censura: è la ragione per cui l’OCSE nel Rapporto del 1998 criticò la scarsa indipendenza del nostro Servizio nazionale per la qualità dell’istruzione (sottoposto a un comitato di Direttori generali del Ministero), che non favoriva l’autovalutazione.

Da qui la inadeguatezza dell’alternativa secca fra valutazione esterna e valutazione interna: la prima permette la confrontabilità dei risultati in base agli standard minimi di apprendimento fissati in sede nazionale, la seconda garantisce l’adeguatezza delle rilevazioni alle singole realtà scolastiche e il loro utilizzo per il miglioramento. La necessità di un equilibrio fra le due esigenze è sentita in esperienze sia nazionali (v. IPRASE di Trento e modello valutativo della Conferenza dei Rettori delle università) sia internazionali (v. l’interessante sistema Peer review che alterna momenti di indagine interna ed esterna nella valutazione delle università inglesi olandesi e francesi, il modello misto in Francia fra DEP e Ispettorati, la triplice valutazione delle prove d’esame finale nel Baden-Wuerttenberg ). [14] Difficilmente un modello come quello inglese, che ha come obiettivo la creazione di un sistema di libero mercato mediante la pressione dell’opinione pubblica, anche tramite l’ampia diffusione dei risultati su Internet, potrebbe ottenere quel consenso degli operatori che solo può garantire la riuscita di un’azione innovativa per l’Italia come l’”uscita dall’autoreferenzialità”. E’ chiaro che la definizione chiara dell’obiettivo della valutazione (accreditamento, carriera dei docenti, politiche scolastiche ed uso delle risorse economiche, …) e di un modello flessibile di indagine può favorire o meno la crescita in Italia di una cultura della valutazione.

 

 

5.3 Conclusioni sull’autovalutazione

  L’autovalutazione è uno strumento di miglioramento dell’offerta formativa che le scuole autonome e paritarie possono utilizzare: la sua efficacia sta nel riferimento agli indicatori che il Sistema Nazionale di Valutazione stabilisce, in quanto è ormai evidente che l’autoreferenzialità ha portato ad un grave e incontrollato abbassamento sia dei livelli qualitativi che di quelli organizzativi delle scuole.

Si deve così andare verso un sistema dinamico che sappia coniugare il compito dello stato di garantire gli standard minimi  e quello delle scuole di realizzare progressivamente tutte le loro potenzialità.

 

 

Tratto : da Libertà di Educazione N. 2 Anno 2002



[1] Si tratterà oltre di questa organizzazione.

[2] http://www.europarl.eu.int/summits/lis-pres_it.htm

[3] Art. 149 del EC Traty.

[4] Tra questi un progetto pilota sulla valutazione della qualità nell’istruzione scolastica che è stato implementato in 101 scuole secondarie in Europa nel 1997/98 (http://europa.eu.int/comm/education/poledu/national.html) e che ha dato luogo al Rapporto “Evaluating Qualità in School Education”, EC, Giugno 1999.

[5] http://europa.eu.int/comm/education/indic/rapinen.pdf

[6] Ovvero quello che nella letteratura corrente viene definito come “outcome” (Gori E., Vittadini G., (eds.), 1999, Qualità e valutazione dei servizi di pubblica utilità, Etas, Milano).

[7] A campioni di studenti dei vari paesi, in età chiave per lo sviluppo delle conoscenze.

[8] http://www.iea.nl/Home/home.html

[9] Progetto TIMSS.

[10] Progetto PIRLS

[11] http://www.pisa.oecd.org/

[12] cfr. iniziative del CEDE nell’ambito della Lettura (Progetto laurea 2000), delle Scienze (Progetto SET), dell’ICT (Progetto PSTD e Multilab),  del Learning to Learn, , dell’educazione civica (Statuto dei diritti e doveri degli studenti,  Peter Pan, LIBERA). Nell’ambito dell’Informatizzazione si vedano gli accordi con compagnie private (Telecom, Enel, Alitalia, Bnetton ecc.) per la dismissione di computer alle scuole.

[13] Si vedrà nel prosieguo l’esperienza inglese.

[14]

Cfr. G. ALLULLI, Le misure della qualità, ed. SEAM 2000